vita da mamma

A mia figlia, il giorno del suo primo compleanno.

Mia cara Zoey Penelope, Ancora non ci credo che è già passato un intero anno. L’anno scorso in questi giorni avevo paura per te. Non sapevo se sarei riuscita ad amare un altro cucciolo d’uomo quanto amavo tuo fratello. La risposta è stata immediata. Appena ti ho avuta tra le braccia il mio amore per te è esploso. E tutto ad un tratto l’amore di mamma non si era diviso in due ma si era moltiplicato. Senza se e senza ma.  Ogni giorno che è passato, ogni esperienza che abbiamo fatto insieme ha cambiato questo mio amore per te, l’ha fatto crescere e l’ha direzionato affinché potesse calzarti a pennello. Tu stai diventando sempre più tu. Sei così piccola eppure riesco già ad intravedere gli echi della donna che un giorno sarai. Hai una volontà di ferro, sei sicura di te e assolutamente coraggiosa. Non ti accontenti di stare ai margini della scena, tu vuoi essere la protagonista. Amo vedere la tua personalità che si sviluppa ed evolve. Scoprire i tuoi gusti e le tue preferenze mi lascia sempre stupefatta perché non credevo possibile che una bimba di un solo anno potesse avere le idee così chiare. Ti auguro di mantenere sempre questa tua sicurezza. Sono stata anch’io una bimba, poi un’adolescente e infine una donna e so che a volte il mondo può minare questa tua sicurezza. Ti consiglio di ascoltare sempre e solo il tuo cuore. Se vuoi fare un’esperienza nuova ed hai paura di essere giudicata dagli altri, fatti coraggio, fregatene di tutti e falla, vivila al 100%. Un giorno capirai quanto è importante darsi retta senza riserve. E se poi seguendo te stessa ti capiterà di sbagliare, perdonati e vai avanti. La cosa bella degli errori è che ti permettono di imparare qualcosa di nuovo  che ti servirà quando dovrai affrontare un’esperienza simile. Non avere fretta di crescere, credimi, ti devi gustare ogni singolo istante. Goditi gli abbracci miei e del tuo papà, le risate con tuo fratello e le coccole dei nonni. Trova la gioia nelle piccole cose e insegui i tuoi obiettivi con fermezza e perseveranza.  E, cosa più importante, amati sempre tesoro mio. Proteggi il tuo preziosissimo cuore, la tua forte volontà e la tua innata dolcezza. Volgiti al futuro con gratitudine e amore verso te stessa e gli altri.  Ti auguro una splendida vita amore di mamma, ti meriti il meglio di tutto. Io e il tuo papà saremo sempre qui per te, a proteggerti permettendoti di andare avanti, un passo dietro l’altro.  

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5 motivi per dedicarti del tempo

Come genitori ci troviamo sempre a mettere i nostri figli prima di tutto. Dedicare del tempo a te, ad un appuntamento con il tuo partner o ad un’uscita con gli amici non sono altro che lontani ricordi. La tua vita deve davvero essere così? Se ti dicessi che trovare del tempo per te avrebbe un impatto positivo sulla tua famiglia mi crederesti? Secondo me è tempo di trovare del tempo da dedicarti e per tua fortuna io sono qui per elencarti alcuni motivi per cui dovresti davvero farlo.   Un passo verso l’indipendenza. Dei tuoi figli, non tua! Se stai leggendo uno dei miei articoli probabilmente la pensi come me su questo punto. Sei una di quelle mamme che vuole crescere degli individui indipendenti e che siano in grado di muoversi nel mondo con sicurezza e disinvoltura. All’inizio può risultare loro difficile, però passare del tempo lontani da te per loro è importante. Come mai? Proprio perché li aiuterai a guadagnare indipendenza e spigliatezza. Come puoi fare tutto questo? Beh, ad oggi le risorse sono piuttosto sostanziose. Puoi assumere una babysitter che stia con i tuoi pargoli per qualche ora, oppure semplicemente rivolgerti agli asili (nidi e scuole materne). È sicuramente un’esperienza destabilizzante all’inizio (sia per te che per loro) però è necessaria per far sì che riescano a crescere nel migliore dei modi, sapendo che sono degli individui anche quando non sono insieme a te.   Dare il buon esempio ai tuoi bambini. Tu sei il migliore esempio da cui prenderanno spunto. I figli ti osservano e fanno loro ogni tuo minimo atteggiamento. Per loro è importante vedere che ti prendi cura di te stessa/o e come ti comporti anche con altre persone. Può sembrare assurdo ma a lungo andare, dedicare del tempo a te, alla tua vita di coppia o agli amici farà sì che loro un giorno saranno adulti in grado di prendersi cura di loro stessi e degli altri. Ai loro occhi risulterai un’adulto equilibrato che sa gestire al meglio la sua vita.   Impatto positivo sulla vita della tua famiglia. Sapevi che avere un’occasionale serata di riposo può avere un impatto super positivo sulla vita della tua famiglia? Quelle poche ore di relax ti permetteranno di ricaricarti di energia positiva che potrai reinvestire nel fare qualcosa di divertente insieme ai tuoi bambini. I tuoi livelli di stress scenderanno notevolmente perché sentirai di essere importante anche tu e, grazie a questo sarai in grado di gestire al meglio il trantran quotidiano.   Una buona influenza. Una buona educatrice può avere un’influenza positiva sui tuoi bambini. Può insegnare loro a socializzare senza la presenza di un genitore in un ambiente sicuro e familiare (che sia a casa o in una struttura dedicata). Impareranno così a relazionarsi con altre persone aumentando la loro naturale capacità di confrontarsi e accrescendo la loro sicurezza.   Te lo meriti! Essere genitore è incredibilmente difficile e stancante. Sei sempre occupato a prenderti cura di qualcuno. E questo avviene non stop, anche se sei al lavoro perché comunque il pensiero resta fisso su di loro. Quindi per favore, prenditi cura di te. Vai al cinema con gli amici, goditi una cena romantica col tuo partner oppure fai una passeggiata per conto tuo. Te lo meriti, e nessuno può negarlo.      

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Genitori e tecnologia

Un paio di pomeriggi fa mi stavo rilassando sul divano col telefono in mano dopo essere riuscita ad appoggiare mia figlia a letto che si era addormentata da poco. Dicevo, ero sul divano col mio telefono in mano, stavo navigando su internet cercando un qualche complemento d’arredo per il mio bagno (avevo voglia di qualche novità) quando mio figlio mi si è parato davanti e mi ha strappato l’iPhone dalle mani. Mi ha invece porto il suo libro preferito e mi ha detto “Mamma, basta telefono, adesso leggiamo Ciao Luna”. Mi sono fermata un attimo a riflettere. Mio figlio di 3 anni e mezzo mi aveva appena ripresa come io faccio con lui dopo un po’ che guarda video su YouTube Kids (che finalmente è stato installato sull’iPad rendendo la navigazione di Noah su YouTube molto più sicura). Secondo un articolo di La Repubblica del 2017, gli italiani spendono almeno 2 ore al giorno controllando il loro smartphone. Personalmente credo di passarci  più di 2 ore al giorno. Io lo uso per navigare sui social network, per cercare ricette che poi preparerò, per guardare video su YouTube, per guardare film o serie tv, per studiare e anche per scrivere. Appena ho un attimo in cui sono tranquilla e non sto facendo qualcosa con i miei figli, prendo quel cavolo di telefono. Qualche settimana fa, stavo leggendo degli studi sul mio iPhone (ecco, vedete?) e mi sono imbattuta in uno studio che diceva che i genitori che passano troppo tempo con il telefono in mano, hanno figli con problemi comportamentali. I ricercatori dell’Illinois State University e dell’Università del Michigan hanno esaminato un campione di circa 200 genitori e ovviamente dei loro figli e quello che ne è emerso è  che i genitori che usavano più assiduamente la tecnologia erano più stressati nelle loro interazioni con i bambini e i figli, di conseguenza, si comportavano in maniera peggiore. Io sono la prima che difende i genitori che usano la tecnologia, io stessa concedo, come già sapete, a mio figlio la possibilità di guardare qualche cartone animato o video sull’iPad. Sono anche convinta che la mia generazione di genitori non sia la prima distratta da qualcosa. I miei genitori erano sicuramente distratti dalla televisione tanto quanto io sono distratta dal telefono. Per anni i  nostri genitori sono stati seduti in cucina sorseggiando caffè e leggendo quotidiani o guardando telegiornali in tv. E adesso noi facciamo la stessa cosa, solo che lo facciamo con uno smartphone. Prima le nonne si dedicavano al ricamo, o alla settimana enigmistica. Oggi probabilmente hanno sostituito il cruciverba con Candy Crush. I nostri telefoni hanno preso il posto di molti oggetti che usavamo in precedenza, è vero, però non riesco a togliermi dalla testa l’immagine di mio figlio che mi strappa il telefono dalle mani. Una cosa spaventosa dei nostri smartphone è che si può continuare a scorrere e scorrere senza mai arrivare ad una fine. Invece il giornale che leggevano i nostri genitori aveva una fine, e anche i puzzle che facevamo da piccoli. Il navigare su internet invece ci risucchia e in men che non si dica, non ci accorgiamo che magari è passata un’ora o anche due. Un’altra cosa un po’ inquietante è che mentre siamo davanti al telefono gli altri non possono sapere esattamente cosa stiamo facendo. Potremmo essere impegnati in una lettura scientifica oppure star lì a guardare un episodio di Peppa Pig. Nessuno può saperlo. Ma soprattutto i nostri figli non possono saperlo. Quello che vedono dall’esterno è che noi stiamo dando un sacco di attenzione a quell’oggetto e magari non a loro. Quello che ho notato è che quando sono “indaffarata” col mio telefono, mio figlio tende a comportarsi peggio perché sa che la mia attenzione è momentaneamente dirottata su qualcos’altro. Mi sono anche resa conto del fatto che ogni tanto uso il mio telefono per “staccare” dalla realtà e che, nel farlo, riesco a riprendermi un attimo. E, il rilassarmi, mi aiuta di più nel saper affrontare le sfide che la vita mi pone davanti tutti i giorni. C’è chi raggiunge questo relax con un massaggio dall’estetista, chi con un aperitivo con le amiche e chi leggendo un libro o giocando a qualche giochino. Comunque nello studio sopracitato si parla anche del fatto che il navigare sia qualcosa che riesce momentaneamente a distrarci dal chaos domestico. Cosa possiamo fare per migliorare il rapporto che abbiamo con la tecnologia (nel mio caso cercare di resistere meglio e più a lungo senza in mano il telefono)? Secondo me la scelta migliore è quella di usare i buoni e vecchi rimedi della nonna. Magari anziché leggere un libro sul telefono (cosa che io faccio piuttosto spesso), tornare a leggere il cartaceo. Oppure fare un puzzle coi bimbi, o anche solo fare una passeggiata breve nel quartiere o perché no, programmare per il weekend successivo almeno un’uscita in famiglia in cui cellulari e tablet sono completamente banditi. Io mi sono ripromessa di farlo, soprattutto riguardo alle gite del weekend. E sono sicura che questo migliorerà non solo il mio rapporto con la tecnologia, ma anche quello dei miei figli che, seguendo il mio esempio, non cresceranno con in mano attaccato un telefono.   Link al libro menzionato: https://amzn.to/2OuyJni   Link allo studio menzionato: https://www.nature.com/articles/s41390-018-0052-6  

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5 CONSIGLI PER RISPARMIARE SUGLI ACQUISTI “BACK TO SCHOOL”

Fino all’anno scorso sentivo parlare le mie amiche del mese di Settembre con un tono a metà tra l’eccitato e il disperato. Mentre potevo capire l’eccitazione di ritrovare dei ritmi decenti (soprattutto per via dei bambini), non capivo la preoccupazione nei loro occhi. Quest’anno, per la prima volta, ho capito. La loro preoccupazione era rivolta al vestiario dei loro bimbi. O, più precisamente, al suo costo. Inizialmente non potevo comprendere questo loro stato d’animo perché mio figlio Noah era troppo piccolo e, quando sono così piccini, ci si trova in uno strano circolo vizioso in cui è normale continuare a comprare vestitini perché le taglie cambiano ogni mese, o ogni 3 mesi, o al massimo ogni 6. Adesso mio figlio ha 3 anni e mezzo, e da poco ha iniziato la scuola materna. Quindi, un paio di settimane fa, mi sono ritrovata nelle condizioni delle mie sopracitate amiche, con una lista di cose da comprare in mano e lo sguardo rivolto verso il cartellino del prezzo. La cosa più costosa in assoluto era appunto l’abbigliamento, che, tra le cose per la materna, e le cose cha avrebbe dovuto indossare in altre occasioni, raggiungeva picchi di spesa tutt’altro che sostenibile. Ho cercato dunque di fare mente locale e capire come avrei potuto risparmiare qualcosa da spendere in attività più piacevoli. Ed ecco a voi i miei 5 modi per risparmiare sui vestiti del “ritorno a scuola”:     SALTARE COMPLETAMENTE LA NUOVA SESSIONE DI SHOPPING: è normale, tutti i bimbi vogliono dei vestiti nuovi, soprattutto quando arriva Settembre e si avvicina il nuovo anno scolastico. Ma, a meno che non abbiano recentemente avuto uno scatto di crescita, le cose che hanno già nei loro armadi, vanno più che bene. Anziché buttarsi in negozi che hanno vestiti poco costosi e che quindi ti invogliano a spendere ancora di più, svuota l’armadio del tuo bimbo e passa in rassegna tutto quanto. Cerca di togliere le macchie più resistenti che sono rimaste sugli indumenti già in vostro possesso e, se sono intrattabili, ricorri alla possibilità di colorare il capo di abbigliamento con una tintura per tessuti. Puoi sempre comprargli 1 o 2 outfit completi di pezzi “basic” che potrà sfruttare i primi giorni di scuola e successivamente abbinare ai capi più vecchi. ABITI DI SECONDA MANO: sì, avete sentito bene. Io non ci trovo nulla di male. Lo faccio principalmente tra parenti e amici. Chi ha un figlio più grande, solitamente passa gli abiti di questo all’amica con il figlio più piccolo e così via. In questo c’è non solo un grande risparmio a livello economico, ma è un bel gesto di affetto che vi viene fatto (e che potrete rifare a vostra volta). Quando comprate un nuovo capo, cercate quindi di averne cura il più possibile. Quando a voi non servirà più, di sicuro tornerà utile a qualcun altro. I GRUPPI DI SCAMBIO SUI SOCIAL: anche qui vale quanto detto sopra. Ci sono gruppi appositi sia su FaceBook che su altri social. Le mamme si accordano tra loro e si scambiano i vestiti dei propri figli. Ci sono addirittura gruppi dove gli abiti usati vengono regalati o dove è possibile, anziché scambiarli, venderli e acquistarli. LO SHOPPING ONLINE: spesso online si trovano ottimi affari. Sia in siti di gruppi di acquisto (come ad esempio Groupon, Privalia e compagnia bella) che su siti di marche abbordabili, come ad esempio Kiabi o Bonprix. Non scordarti di cercare online i codici di sconto per questo o quel sito prima di fare acquisti. ASPETTARE: Solitamente gli abiti (ma anche i prodotti per la scuola) vengono messi in offerta un paio di settimane dopo che la scuola è già iniziata. Con un po’ di pazienza riuscirai ad avere a prezzo scontato ciò che fino a qualche settimana fa era venduto a prezzo pieno.  

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LE 7 COSE SCHIFOSE CHE FANNO I BAMBINI

Sì ok, diciamocelo: i bambini a volte sono davvero schifosi. Prima di avere Noah non ero di certo preparata ad avere in casa pannolini pestilenziali, chiazze di saliva e caccole. Queste sono solo alcune delle voci nella lista dei contro che mi vengono in mente quando penso alla possibilità di avere un terzo figlio. Cose totalmente antigeniche, insondabili e non menzionabili. Eppure, mi sono preparata psicologicamente a menzionarle qui, per voi. Per una questione di privacy non dirò da chi vengono fatte queste nefandezze. Ah no, aspettate. Invece ve lo posso dire, tanto non c’è privacy su internet no? Ecco, allora, queste cose vengono fatte da un campione di circa 10 bambini. Figli miei e di mie amiche con cui mi sono persa a parlare di questi amabili argomenti. Quindi ecco a voi 7 cose disgustose (e potevo usare termini ben peggiori) che fanno i bambini:   FANNO BEN ALTRO CHE MANGIARSI LE CACCOLE. Se già non lo sapevate, ve lo dico io. I bambini scavano nelle loro cavità nasali non solo per tirare fuori quelle verdognole, e a quanto pare gustosissime, caccolone e mangiarsele. No, a loro non basta assaporarle manco fossero caramelle gommose. Loro ci costruiscono cose. Tipo dei murales. Sui muri. Oppure le usano come collante per appiccicare i pezzi di lego ai mobili. Sì lo so, fa schifo, ma è così. FANNO LA CACCA NELLE PISCINE PUBBLICHE. Oh sì, succede pure questo. Anche se il tuo dolce e adorato cucciolo ha fatto la cacca appena prima di essere messo in ammollo nel suo specialissimo pannolino contenitivo vai tranquilla, la rifarà anche dopo 10 minuti. Se sei fortunata il pannolino sopracitato conterrà la perdita, altrimenti ti troverai piena di vergogna a cercare di raccattare pezzi di cacca dall’acqua della piscina. TIRANO FUORI RESTI PREISTORICI DI CIBO DA LUOGHI IMPENSABILI E LI DIVORANO. Un mesetto fa ho visto mio figlio che masticava, e io non gli avevo dato nulla, quindi gli ho chiesto di aprire la bocca e farmi vedere cosa stava masticando con tanta golosità. Signore e signori, era un pezzo di uovo di cioccolato di Pasqua. Ed era praticamente Agosto. E sì, lo so che avevo detto che non avrei fatto nomi per una questione di privacy, ma non ho resistito. FANNO DEGLI INTRUGLI DISGUSTOSI CON IL CIBO. Se volete potete chiamarla curiosità culinaria. Anzi no, chiamatela temerarietà culinaria. Vogliono per forza sapere cosa succederà mescolando un bicchiere di latte, con un po’ di ketchup e dello spezzatino di tacchino. Intendevo dire cosa succederà nella loro bocca. Perché hanno davvero il coraggio di mangiare quello schifo. E li vedi anche soddisfatti e contenti del loro esperimento. USANO QUALSIASI COSA COME TOVAGLIOLO, PURCHÉ NON SIA UN TOVAGLIOLO VERO. E se ne fregano se tu sei vestita di tutto punto e pronta per uscire. Arrivano e si strofinano quel musetto lercio contro la manica della tua camicetta di seta. Oppure, dopo aver mangiato delle patate al forno particolarmente condite, e dopo aver loro chiesto di lavarsi le mani, trovi delle ditate di olio sulle lenzuola del tuo letto. Rigorosamente il giorno in cui le hai cambiate. RIEMPIONO LE LORO GUANCE DI CIBO COME UN CAZZO DI CRICETO SIBERIANO. Sì, perché a quanto pare per loro ha senso usare la bocca come un deposito di cibo. Quindi vale assolutamente la pena immagazzinarci dentro qualunque tipo di prelibatezza e renderla un pappone informe e gommoso. Quindi dopo che avrai servito a tua figlia la cena, non ti stupire se all’ora della nanna sta ancora masticando lo stesso pezzo di carne. E ringrazia Dio che te ne sei accorta perché era ora di lavarsi i denti prima della nanna. Altrimenti poteva andare avanti delle ore. USANO QUALSIASI COSA COME CARTA IGIENICA, ANCHE SE NON SI TRATTA DI CARTA IGIENICA. Ricordo il racconto di una carissima amica che una mattina si è svegliata e dopo essersi lavata il viso, si è asciugata lo stesso con il suo asciugamani beige personale. Solo che si è accorta che puzzava. E sopra c’era una striscia di un colore scuro non ben identificata. Ecco. Sappiate che l’amica in questione da allora ha cambiato casa e adesso ha un suo bagno personale. Che chiude rigorosamente a chiave.  

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Asilo nido: il momento dell’inserimento

Ok, ce l’hai fatta. Hai finalmente rotto lo schema del congedo parentale. Lì si stava piuttosto bene. Era una sorta di varco spazio-temporale in cui non riuscivi bene a capire se la passeggiatina che stavi facendo per far addormentare il tuo bambino si stava svolgendo di giorno o di notte. Era un momento in cui non trovavi del tempo reale per mangiare, quindi mentre poppavi ti pappavi (scusate il gioco di parole, ma era necessario) un panino col prosciutto e la maionese oppure una girella al cioccolato. Era il tempo in cui mentre il tuo bambino dormiva (per venti minuti, s’intenda), tu ti dedicavi ad una doccia lampo oppure alla lettura di un libro su come essere un genitore migliore. Bene. Quel tempo è ufficialmente finito, grazie a Dio. Adesso puoi (o forse devi, ma questo è tutto un altro paio di maniche) tornare alla routine della tua vita. E adesso chi accudirà il pupillo di casa? Se sei come me e non avevi a disposizione nonni, zii, cugini o la fottuta Mary Poppins ti sei dovuta rivolgere ai professionisti del settore. Tra le varie opzioni a tua disposizione hai deciso di scegliere l’asilo nido. Perché? Perché nell’immaginario collettivo è un luogo fatto di giochini di legno, piccoli tavolini con minuscole sedie e tutto dipinto rigorosamente di rosso, giallo, verde e blu. A volte nella realtà le cose sono piuttosto diverse, proprio per questo hai fatto grandi ricerche sulle strutture disponibili. Quali sono le caratteristiche da “controllare” quando si è alla ricerca dell’asilo nido per il proprio cucciolo? Beh, questo è piuttosto soggettivo. C’è a chi interessa la posizione geografica della struttura perché la vuole vicino a casa o vicino al lavoro. C’è chi è più interessato alla linea pedagogica seguita dalle educatrici. Chi vuole che il cibo sia preparato in struttura. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. La cosa però che sta più a cuore a tutte noi (dalla prima all’ultima) è l’inserimento del nostro bambino. Quando è toccato a me è stata una tragedia. Non per il bambino. Per me. Noah aveva 1 anno e 1 mese e io non mi sentivo pronta al distacco. Però ero sufficientemente esaurita e avevo bisogno di tornare al lavoro in modo spensierato e, perché no, avere un po’ di tempo per me stessa. La struttura che ho scelto io usava fare 2 settimane di inserimento, prima con la mamma (o con il papà, nonno, babysitter ecc.) e poi gradualmente senza di lei. So che ci sono strutture dove l’inserimento viene fatto in 3 giorni, ma io non mi sarei sentita pronta a una cosa di questo tipo. Comunque…il nostro inserimento è stato eterno. Più di un mese perché io non ero pronta a lasciare il mio bambino, perché lui si è preso un raffreddore nonostante fosse luglio, perché non volevo vedere il mio bambino piangere. Alla fine però ce l’abbiamo fatta e i risultati sono stati stupefacenti. Noah ha imparato da subito a socializzare con gli altri bimbi e il suo vocabolario si è almeno triplicato nel giro dei primi due mesi. Parlando con le altre mamme mi sono resa conto di quanto l’argomento “inserimento” stia a cuore a tutte in modo speciale. Ho pensato quindi di fare una piccola intervista alle tre figure di riferimento quando si parla dell’argomento. Ed ecco che è nato questo articolo. Parleremo con l’educatrice Antonella Coccinella, con la pedagogista Marta Granata e con la psicologa Valentina Candela. Ho rivolto alle 3 esperte delle domande e loro sono state così cortesi da rispondere e farci contente. Le domande sono state raccolte in vari gruppi di mamme di cui faccio parte. Quindi, la parola alle nostre figure di riferimento. Antonella Coccinella – Educatrice di asilo nido (per inciso è stata una delle maestre del mio piccolo Noah e sarà anche la maestra della mia piccola Zoey) D: “Secondo la tua esperienza lavorativa qual è l’età “giusta” per iniziare a frequentare il nido?” R: “In base alla mia esperienza posso affermare con certezza che più il bambino è piccolo, meno avrà difficoltà ad ambientarsi al nido. A mio parere, 6-7 mesi sono l’età ideale perché il bambino, nella maggior parte dei casi, sta seduto autonomamente ed ha già iniziato il divezzamento.” D: “I bambini da che età iniziano ad interagire tra di loro?” R: “I bambini iniziano da subito ad interagire tra loro, ovviamente le forme di interazione sono diverse. Le prime forme di interazione sono fatte da sguardi, sorrisi e vocalizzi. Nella seconda metà del primo anno di vita, i bambini interagiscono tramite gli oggetti. Un comportamento molto frequente è quello di dare, prendere o scambiare un gioco con un altro bambino. Sono tutti forme di interazione. Tra i 2 e i 3 anni, con lo sviluppo psico-cognitivo e con lo sviluppo del linguaggio, ovviamente le forme di interazione si evolvono, fino ad arrivare ai 3 anni dove spesso nascono le relazioni amicali (il bimbo si sceglie l’amico del cuore, con il quale ha piacere di svolgere la gran parte delle attività.” D: “Frequentare il nido può aiutare un bambino timido ad imparare a relazionarsi con gli altri con più serenità?” R: “Sicuramente! Al nido il bambino entra in contatto con gli altri bambini, di diverse fasce d’età e anche con altri adulti, figure di riferimento diverse dalle abituali figure familiari. Questo lo aiuterà sicuramente nello sviluppo delle sue facoltà di socializzazione.” Marta Granata – Pedagogista specializzata in consulenza e pratica filosofica e analista biografica a orientamento filosofico D: “Come ci si può approcciare ad un rifiuto del bambino verso la novità del nido (ambiente, maestre, bambini)? R: “Quando si inserisce il proprio bimbo al nido è importante ricordare che questo momento è delicato sia per i bambini che per le mamme o gli adulti che li accompagnano. Spesso per i bimbi è la prima esperienza di distacco dal proprio genitore e per la mamma è il primo momento di distacco dal proprio bimbo. È un’esperienza nuova in cui i bambini si trovano a dover conoscere un nuovo ambiente

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Avere 2 figli piccoli: la verità

Ciao a tutti. *Sbadiglio* Oh, lo so, scusatemi. Sono le 8 di mattina e mi sto strofinando gli occhi ingurgitando il mio secondo caffè della giornata mentre Zoey fa il suo riposino. Non so nemmeno come ho fatto a farla addormentare visto che Noah è ancora a casa ed è più arzillo che mai. Sta aspettando la nonna che lo porterà al nido. I suoi ultimissimi giorni di nido. Sembra ieri che abbiamo fatto l’inserimento. Va beh, sto divagando. Mentre sorseggio il mio caffè cerco di convincere mio figlio a smetterla di urlare “SONO UN PIRATAAAAA!!!” impugnando la sua sciabola giocattolo e saltando giù dal divano. Come mi è anche potuto solo passare per la testa di tirare fuori il portatile e iniziare un nuovo articolo mentre lui è ancora a casa? Ah già, ho pensato che sarebbe stato buono quei 15 minuti prima dell’arrivo di sua nonna. Sbagliato. Chiudo tutto e riproverò più tardi.   Ecco. Mi sono fatta un chai al cioccolato. Sulla mia tazza c’è scritto “I have the best mom in the world” (Ho la mamma migliore del mondo). Me l’hanno regalata Leo e Noah per la mia prima festa della mamma. C’è anche una foto di me e del bambino. Peccato che in questi giorni io non mi senta affatto la migliore mamma del mondo, anzi. Mi sembra di vivere dei giorni quasi eterni in cui io sono una spettatrice passiva di tutto quello che succede. I bambini stanno entrambi passando una fase “critica”. Noah è ancora alle prese con la faccenda “arrivo della sorellina” e Zoey è alle prese con il suo secondo dentino. Ed è tutto un INFERNO. Perché? Perché crescere 2 bambini così piccoli è estenuante. E no, non sono semplicemente stanca, sono esausta. Emotivamente, mentalmente e fisicamente esausta.   Quando ho fatto la pipì su quel test di gravidanza (che conservo ancora per la cronaca) ed è comparsa la seconda linea sapevo che sarebbe stata dura avere due bimbi con meno di 3 anni di differenza, ma mai avrei pensato che sarebbe stato così difficile. Mi sono trovata catapultata in un mondo dove tutto era doppio. Doppi pannolini sporchi, doppi pianti e doppio caos in casa.   All’inizio è stata dura. Adesso è ancora più dura, giuro. Quando sono rimasta incinta per la seconda volta (gravidanza cercata e fortemente voluta) la maternità stava appena cominciando ad essere più semplice. Mio figlio andava al nido la mattina, io potevo lavorare in serenità, passavo a prenderlo prima di tornare a casa, giocavamo durante il pomeriggio, poi cenavamo e infine nanna. I denti li aveva già messi tutti e a parte qualche raffreddore non ha avuto grandi disagi. Ero così naive all’epoca. Non sapevo che la situazione sarebbe precipitata a breve.   Adesso mi ritrovo con un bimbo di 3 anni e una piccolina di 6 mesi. E sono letteralmente nei guai. E no, non sono drammatica, sono solo realista. Game over per Roberta. Se siete curiosi di sapere perché dico questo, continuate a leggere. Ho elencato un paio di cosette.   1. MIO FIGLIO NON VUOLE CONDIVIDERE UN CAZZO: sì. È proprio così. E ci sta anche poverino. In fin dei conti ha vissuto 2 anni e mezzo della sua vita in cui tutto era a lui dedicato. Ogni attenzione, ogni giochino, addirittura la sua mamma. Tutto era per lui. Adesso si ritrova con una gnometta che vuole toccare i suoi giochini e che passa parecchio tempo attaccata alla sua mamma. Anch’io avrei le palle girate se fossi in lui. E in ragione di questo fa delle sceneggiate che manco a Napoli. 2. UNO DEI DUE È SEMPRE ARRABBIATO: l’unico momento in cui sono entrambi tranquilli e beati è quando dormono. E questo succede raramente. Il che ci porta al prossimo punto. 3. UNO DEI DUE È SEMPRE SVEGLIO: a parte di notte. Che però mi girano lo stesso le palle perché anch’io ho bisogno di dormire quindi quel tempo è perso, volatilizzato. 4. C’È SEMPRE UNA “FASE”: uno di loro sta sempre attraversando una fase che rende la vita invivibile. Come ho detto prima, uno è sempre irritato/irritabile. 5. USCIRE DI CASA SEMBRA UNA MARATONA: sempre. Se potessi stare chiusa in casa tutti i giorni, tutto il giorno (senza che io o i bambini andassimo fuori di testa), lo farei. L’intero processo dello stare fuori richiede talmente tanta energia e pianificazione che è meglio che ne valga la pena. Perché altrimenti oltre ad essere affaticata sarei anche irritata tutto il tempo. 6. LA SPESA È IMPOSSIBILE DA FARE: se dovessi descrivere a parole mie l’inferno, sarebbe proprio così, un supermercato, la spesa da fare e due bambini. Immaginatevi uno dei due che urla o piange o fa sceneggiate (questo solitamente il più grande). 7. LA CASA È SEMPRE UNO SCHIFO: avete presente un campo di battaglia? Ecco, generalmente casa mia ha quell’aspetto. Giocattoli ovunque. Residui di cibo ovunque. Ditate sui mobili (perché ovviamente all’epoca ho ben pensato di comprare dei mobili bianchi e lucidi) e sui vetri (grazie a Dio ho le zanzariere quindi da fuori non si notano). La lavatrice sempre da caricare o carica. L’asciugatrice sempre da svuotare e biancheria sempre da piegare.   Ecco. Questi sono solo alcuni dei motivi per cui avere due figli piccoli è davvero molto, molto faticoso. Riuscite a mettervi nei miei panni? Io credo proprio di sì. Ma non preoccupatevi, siamo in questo viaggio di mammitudine insieme. E questo ci fa sentire meno sole.   [ace_dropcap][/ace_dropcap]

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Smettetela di dire che vi dispiace

Quando una donna partorisce, la prima cosa che solitamente si vuole sapere è se “è andato tutto bene”. È stato un travaglio veloce o è durato un’eternità? La mamma ha voluto fare l’epidurale? O le è almeno stata offerta? È stato molto doloroso? Le è capitata una brava ostetrica? Ha partorito per via vaginale o con parto cesareo? Quando, qualche mese fa, ho avuto mia figlia Zoey il travaglio è andato male quasi dall’inizio. Ero di oltre 41 settimane, ero enorme, ero stanca e soprattutto ho avuto 2 giorni circa di prodromi. Ma che razza di parola è? PRODROMI. Sembra quasi una parolaccia. Comunque…si tratta di quel lasso di tempo che può andare da un paio di ore ad un paio di settimane (no, ma seriamente? Un paio di settimane??) in cui si hanno contrazioni dolorose ma irregolari sia nel tempo che nell’intensità del dolore. Dopo due giorni, in cui sapevo che sarei potuta entrare nel vero travaglio in qualunque momento, sono partite le vere contrazioni. Erano piuttosto regolari e sono arrivata in ospedale che erano ogni 10 minuti. Sì, lo so che dicono di aspettare che distino 5 minuti l’una dall’altra, ma avevo paura che succedesse qualcosa e soprattutto volevo l’epidurale appena possibile. E non voglio pipponi sull’epidurale, grazie. Arrivo in ospedale che ero di 1 cm ed erano le 21. “Bene” penso “ne mancano solo 9…”. L’ostetrica di turno voleva rimandarmi a casa ma ha capito che se lo avesse fatto sarei tornata lì dopo un’ora. Quindi ha fatto quello che andava fatto. Mi ha dato una stanza e mi ha spedita lì a travagliare con mio marito. Io ero preparatissima. Luci soffuse, musica della mia playlist Relax su Itunes, diffusore elettrico di essenze con olio essenziale di lavanda vera annesso, cuscinone da allattamento da abbracciare, cazzi e mazzi. Dopo vari tracciati e controlli, all’alba delle 5 di mattina ero di 4 cm e decidono di farmi l’epidurale. E comunque robe da matti che nel 2018 una debba combattere per avere l’anestesia epidurale. In quel momento ogni male del mondo è sparito e io volevo bene a tutti. A scapito di chi mi aveva sconsigliato l’epidurale, ero libera e felice. Camminavo, andavo in bagno, chiacchieravo amabilmente e mi sono anche mangiata una coppa del nonno; il tutto sentendo le contrazioni che come onde andavano e venivano ma senza provare la coltellata del pre-anestesia. Questo finché tutto non ha iniziato a precipitare. Con l’epidurale mi avevano attaccato una flebo di ossitocina per “velocizzare” la cosa. Quando l’anestesia ha smesso di funzionare ho ricominciato a stare male e a sentire dolori lancinanti, peggiori di quelli della nottata, anche perché non erano miei dolori, del mio corpo. No, erano causati da un farmaco. Dopo aver pregato l’anestesista di tornare da me, mi è stato fatto un altro bolo (anche qui, bolo??? Come il bolo di pelo che vomita il gatto?) di epidurale e nel mio mondo sono tornati unicorni e arcobaleni. Mentre l’ostetrica e io ci occupavamo di gossip ospedaliero ho cominciato a risentire i dolori di prima. Questo intorno alle 11:30. Mi fanno un altro bolo ma questo non ha cambiato la situazione. I dolori erano a mio avviso ingestibili nonostante l’anestesia. Nessuno sapeva dirmi cosa stesse succedendo. L’unica cosa che mi ripetevano era “Non possiamo farti un’altra dose perché tanto non servirebbe a nulla.”, e poi ormai ero dilatata di 9 cm. A mezzogiorno avevo raggiunto i 10 cm ma i dolori erano peggiori di prima. Sentivo che la schiena mi si stava letteralmente spezzando. Mio marito continuava a chiedere perché sentissi dolore alla schiena e l’ostetrica gli spiegava che dipendeva dalla posizione della bambina, che era rivolta con il viso all’insù e quindi farla uscire sarebbe stato più complicato. Ad un certo punto decidono che per me era ora di iniziare a spingere. Cari miei, sono state le 2 ore più infernali di tutta la mia vita. All’alba delle 14:30, senza più un briciolo di forza e senza il benché minimo progresso nella discesa della bambina, che tra il resto adesso era in palese sofferenza fetale, ho recuperato un briciolo di lucidità e ho chiesto che venisse immediatamente chiamato il ginecologo di turno. Quando è arrivata la dottoressa l’ho guardata negli occhi e le ho detto “Sono passate 2 ore e mezza, io sono al limite della sopravvivenza e sento che c’è qualcosa che non va, adesso è ora di portarmi in sala operatoria e far nascere questa bambina”. E così è stato. Alle 15:34, dopo una successiva anestesia spinale e un taglio cesareo, la mia Zoey Penelope ha visto la luce. Ed è andata bene così. È stato proprio grazie al quel salvifico cesareo che la mia batuffola è nata. Quindi potete ben immaginare la mia confusione quando mi sento dire “Oh, hai avuto un cesareo? Mi dispiace tanto per te.”. Ma che cazzo significa? Ho partorito un mostro? No, è una dolcissima e bellissima cucciola, andremo a casa fra qualche giorno e stiamo entrambe bene. La cosa è continuata per un po’ e non andava sempre così. A volte vedevo sguardi strani tra le persone con cui parlavo. Il tipo di sguardo che ci ti danno quando dici che tutta la famiglia si è presa la varicella e vedi nei loro sguardi che cercano di ricordarsi se loro l’hanno già avuta. Le parole peggiori che mi sono state rivolte “Mi dispiace che tu ti sia persa l’esperienza del parto”. Fatemi capire. Mi sono persa l’esperienza del parto? La bambina non è forse uscita dal mio corpo? Non c’era una piccola bambina che è cresciuta dentro di me per quasi 10 mesi e che in questo momento è sulle mie ginocchia attaccata al mio seno sinistro mentre sto scrivendo? Però tutti, o quasi, predichiamo bene e razzoliamo male parlando di cesareo. Diciamo che è ok farlo quando è necessario, però poi chiamiamo il parto naturale (o parto normale) riferendoci al parto vaginale. E poi tutte queste persone che ti dicono quanto dispiace loro il fatto che

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La dittatrice della nanna

Quando chiedo ai genitori degli altri bambini dell’ora della nanna molto spesso mi raccontano di sceneggiate napoletane, drammi e tante altre storie inquietanti.Perché spesso l’ora della nanna non è che inquietante quando si tratta di bambini. Se sei uno di quei genitori che dice a suo figlio di andare a letto, lui ci va, si addormenta da solo e rimane lì tutta la notte per poi svegliarsi alle 8 di mattina senza drammi e cazzate varie, allora non possiamo essere amici. Ok dai, sto scherzando, possiamo essere amici, però per favore non raccontarmi di quanto sia bravo tuo figlio a fare la nanna. No, davvero. Il resto di noi comuni mortali passa un bel po’ di tempo ogni giorno a combattere una guerra perché i bambini hanno assoluto bisogno di riposo per crescere. E noi abbiamo bisogno che loro dormano per riuscire a conservare almeno una parvente sanità mentale. Quando arriva sera qui a casa, incomincio a fare pressing emotivo su mio figlio già subito dopo cena. “Amore di mamma, fra poco è ora della nanna, quindi cerchiamo di stare calmi, abbassiamo le luci, leggiamo un libro insieme così vedrai che riposerai meglio.”. Questo è quello che succede qui dalle 19:30 in poi. Ebbene sì, sono una di quelle mamme che entro le 20:30 ha bisogno che suo figlio sia a letto, felicemente addormentato. Così io posso dedicarmi interamente a farmi gli affari miei (dal cazzeggio su Facebook allo studio, dal riordino del soggiorno al guardare una puntata di qualche serie tv su Netflix con mio marito. Il tutto ovviamente con la più piccola attaccata al seno, ma sono fiduciosa che questa situazione durerà al massimo pochi altri mesi e poi potrà fare la fine del fratello ed essere messa a letto ad un orario decente anche lei). Comunque. L’ora della nanna è la mia ora preferita del giorno, quella in cui torno ad essere anche una persona (senziente o quasi) e non solo una mamma. L’ora della nanna è il periodo di tempo che serve a noi mamme per poter tirare il fiato e trovare l’energia per affrontare la giornata che verrà. Sono le uniche ore in cui mi è permesso parlare con mio marito senza essere interrotta continuamente, oppure non parlargli affatto e godermi il silenzio. Sono i momenti in cui posso fare un “catch up” con i canali YouTube che seguo e recuperare ciò che mi sono persa o rispondere a quella serie di messaggi che sono rimasti in sospeso sul cellulare. L’ora della nanna è tempo di guerra, ma la ricompensa è enorme. Questo è il motivo per cui mio figlio ha una routine rigida che gli consente, come vi ho anticipato, di essere felicemente addormentato per le 20:30. Noah non è mai stato un bambino che dormiva molto. Quando è nato ha iniziato immediatamente a soffrire di coliche e quando queste sono finite, ha iniziato a soffrire per via dei denti. Non c’era mai pace. Questo, unito al suo carattere esplosivo ed attivo non gli consentiva di riposare come doveva. All’inizio tutti mi dicevano che non c’era modo di creare una routine della nanna senza utilizzare quei metodi che francamente aborro nel modo più assoluto (Estiville, Ferber e quell’altra mandria di Dissennatori qui troveranno riscontro zero) con un neonato. Effettivamente avevano ragione. Ma un bambino quando finisce di essere un neonato? A quanto ho capito questo stadio di evoluzione finisce intorno all’anno di età. E questo per me significava che io non avrei avuto pace fino a circa quel momento. Per me non era fattibile. Avevo necessità assoluta di recuperare me stessa (almeno un minimo) quindi, quando Noah ha compiuto 8 mesi ho iniziato una sorta di studio casalingo dei metodi per fargli fare la nanna e dargli una sorta di schema che gli consentisse di riposare al meglio. La prima cosa che ho fatto è stata cercare online. Ho visto che le varie mamme provavano a loro spese che far saltare i riposini al bambino non solo non era d’aiuto ma trasformava i loro bambini in piccoli mostri urlatori. Non fidandomi dell’esperienza altrui ho deciso di provare. Il risultato mi ha stupito. Le altre mamme avevano ragione. Non solo Noah era indemoniato, ma quando finalmente si è addormentato (dopo un paio d’ore davvero avvilenti), il suo sonno era disturbato e al risveglio lui era irritabile. Dopodiché ho trovato una regola che sembrava avere senso, almeno per noi. Ovvero la regole del 2, 3 e 4. Osservando mio figlio mi ero accorta che c’era questo schema. Si svegliava al mattino, dopo un paio d’ore ricominciava ad avere sonno. Si addormentava per un pisolino (da un minimo di 20 minuti ad un massimo di un’ora), poi rimaneva sveglio circa 3 ore e si addormentava ancora ed infine, dopo altre 4 ore era pronto per la nanna della sera. Capito questo ho voluto aggiustare il tiro per far sì che Noah arrivasse sia ai pisolini che alla nanna della sera il più sereno possibile. E sì, sono anche già stata criticata per questo ma davvero mi importa poco se mi consente di far riposare il mio bimbo al meglio. Lui aveva, ed ha tutt’ora, una routine serale della nanna. Questo è quello che faccio io on mio figlio, per noi funziona benissimo però, visto che tutti i bimbi sono diversi, con i vostri potrebbe non funzionare. Ma torniamo a noi. Tra le 19 e le 19:30 si cena. Sì, lo so che è presto, ma siamo abituati così. Dalle 19:30 alle 20:10 si fanno dei giochi molto tranquilli con tanto di voci basse e luci soffuse. Oppure il piccolo ha il permesso di guardare dei video su YouTube insieme al papà (sì, non venite a rompermi le palle per il fatto che il piccolo ha accesso al tablet. È così e basta. Forse voi siete contrari, ma io glielo consento senza problemi per massimo una ventina di minuti la sera e sempre sotto sorveglianza di un adulto) o insieme a me. Finito quel momento ci si

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