Ok, ce l’hai fatta. Hai finalmente rotto lo schema del congedo parentale. Lì si stava piuttosto bene. Era una sorta di varco spazio-temporale in cui non riuscivi bene a capire se la passeggiatina che stavi facendo per far addormentare il tuo bambino si stava svolgendo di giorno o di notte. Era un momento in cui non trovavi del tempo reale per mangiare, quindi mentre poppavi ti pappavi (scusate il gioco di parole, ma era necessario) un panino col prosciutto e la maionese oppure una girella al cioccolato. Era il tempo in cui mentre il tuo bambino dormiva (per venti minuti, s’intenda), tu ti dedicavi ad una doccia lampo oppure alla lettura di un libro su come essere un genitore migliore. Bene. Quel tempo è ufficialmente finito, grazie a Dio. Adesso puoi (o forse devi, ma questo è tutto un altro paio di maniche) tornare alla routine della tua vita.
E adesso chi accudirà il pupillo di casa?
Se sei come me e non avevi a disposizione nonni, zii, cugini o la fottuta Mary Poppins ti sei dovuta rivolgere ai professionisti del settore.
Tra le varie opzioni a tua disposizione hai deciso di scegliere l’asilo nido. Perché? Perché nell’immaginario collettivo è un luogo fatto di giochini di legno, piccoli tavolini con minuscole sedie e tutto dipinto rigorosamente di rosso, giallo, verde e blu. A volte nella realtà le cose sono piuttosto diverse, proprio per questo hai fatto grandi ricerche sulle strutture disponibili. Quali sono le caratteristiche da “controllare” quando si è alla ricerca dell’asilo nido per il proprio cucciolo?
Beh, questo è piuttosto soggettivo. C’è a chi interessa la posizione geografica della struttura perché la vuole vicino a casa o vicino al lavoro. C’è chi è più interessato alla linea pedagogica seguita dalle educatrici. Chi vuole che il cibo sia preparato in struttura. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. La cosa però che sta più a cuore a tutte noi (dalla prima all’ultima) è l’inserimento del nostro bambino.
Quando è toccato a me è stata una tragedia. Non per il bambino. Per me.
Noah aveva 1 anno e 1 mese e io non mi sentivo pronta al distacco. Però ero sufficientemente esaurita e avevo bisogno di tornare al lavoro in modo spensierato e, perché no, avere un po’ di tempo per me stessa. La struttura che ho scelto io usava fare 2 settimane di inserimento, prima con la mamma (o con il papà, nonno, babysitter ecc.) e poi gradualmente senza di lei. So che ci sono strutture dove l’inserimento viene fatto in 3 giorni, ma io non mi sarei sentita pronta a una cosa di questo tipo.
Comunque…il nostro inserimento è stato eterno. Più di un mese perché io non ero pronta a lasciare il mio bambino, perché lui si è preso un raffreddore nonostante fosse luglio, perché non volevo vedere il mio bambino piangere. Alla fine però ce l’abbiamo fatta e i risultati sono stati stupefacenti. Noah ha imparato da subito a socializzare con gli altri bimbi e il suo vocabolario si è almeno triplicato nel giro dei primi due mesi.
Parlando con le altre mamme mi sono resa conto di quanto l’argomento “inserimento” stia a cuore a tutte in modo speciale. Ho pensato quindi di fare una piccola intervista alle tre figure di riferimento quando si parla dell’argomento. Ed ecco che è nato questo articolo. Parleremo con l’educatrice Antonella Coccinella, con la pedagogista Marta Granata e con la psicologa Valentina Candela. Ho rivolto alle 3 esperte delle domande e loro sono state così cortesi da rispondere e farci contente. Le domande sono state raccolte in vari gruppi di mamme di cui faccio parte. Quindi, la parola alle nostre figure di riferimento.
Antonella Coccinella – Educatrice di asilo nido (per inciso è stata una delle maestre del mio piccolo Noah e sarà anche la maestra della mia piccola Zoey)
D: “Secondo la tua esperienza lavorativa qual è l’età “giusta” per iniziare a frequentare il nido?”
R: “In base alla mia esperienza posso affermare con certezza che più il bambino è piccolo, meno avrà difficoltà ad ambientarsi al nido. A mio parere, 6-7 mesi sono l’età ideale perché il bambino, nella maggior parte dei casi, sta seduto autonomamente ed ha già iniziato il divezzamento.”
D: “I bambini da che età iniziano ad interagire tra di loro?”
R: “I bambini iniziano da subito ad interagire tra loro, ovviamente le forme di interazione sono diverse. Le prime forme di interazione sono fatte da sguardi, sorrisi e vocalizzi. Nella seconda metà del primo anno di vita, i bambini interagiscono tramite gli oggetti. Un comportamento molto frequente è quello di dare, prendere o scambiare un gioco con un altro bambino. Sono tutti forme di interazione. Tra i 2 e i 3 anni, con lo sviluppo psico-cognitivo e con lo sviluppo del linguaggio, ovviamente le forme di interazione si evolvono, fino ad arrivare ai 3 anni dove spesso nascono le relazioni amicali (il bimbo si sceglie l’amico del cuore, con il quale ha piacere di svolgere la gran parte delle attività.”
D: “Frequentare il nido può aiutare un bambino timido ad imparare a relazionarsi con gli altri con più serenità?”
R: “Sicuramente! Al nido il bambino entra in contatto con gli altri bambini, di diverse fasce d’età e anche con altri adulti, figure di riferimento diverse dalle abituali figure familiari. Questo lo aiuterà sicuramente nello sviluppo delle sue facoltà di socializzazione.”
Marta Granata – Pedagogista specializzata in consulenza e pratica filosofica e analista biografica a orientamento filosofico
D: “Come ci si può approcciare ad un rifiuto del bambino verso la novità del nido (ambiente, maestre, bambini)?
R: “Quando si inserisce il proprio bimbo al nido è importante ricordare che questo momento è delicato sia per i bambini che per le mamme o gli adulti che li accompagnano. Spesso per i bimbi è la prima esperienza di distacco dal proprio genitore e per la mamma è il primo momento di distacco dal proprio bimbo. È un’esperienza nuova in cui i bambini si trovano a dover conoscere un nuovo ambiente e nuovi adulti e a condividerli entrambi con altri coetanei. Se pensiamo alle fatiche che spesso anche noi adulti viviamo di fronte alle novità (trasloco, cambio di lavoro, etc..) questo ci può aiutare a comprendere ciò che i bambini stanno vivendo. Solitamente ripeto spesso alle mamme che l’inserimento al nido non è solo dei bambini ma anche loro. È importante per i genitori conoscere l’ambiente in cui lasceranno il proprio figlio, le educatrici che si prenderanno cura di lui e le pratiche di cura che verrannomesse in atto. Tutto questo aiuta a creare quella fiducia nel nido che aiuta i bambini a vivere con maggiore serenità il nuovo ambiente. Se un genitore è tranquillo e sereno riuscirà a trasmettere gli stessi sentimenti al proprio bimbo. Ciò non significa che l’inserimento sarà “facile”. Ci saranno momenti di fatica, non mancheranno i pianti (sia dei bimbi che delle mamme!), ma questi non sempre sono segnali che qualcosa non va, anzi esprimono spesso lo spaesamento e il tentativo di ambientarsi trovando un nuovo equilibrio. La pedagogista Grazia Honneger Fresco parla di “ambientamento” proprio per ricordare che i bambini hanno bisogno di tempo per “fare proprio” il nuovo ambiente. Se il rientro al lavoro non è immediato, è bene non aver fretta nel fare l’inserimento. Diamo tempo ai bimbi di guardarsi intorno, di familiarizzare con gli spazi, i materiali e con i nuovi volti che incontrano. Altro elemento importante è parlare al proprio bimbo raccontandogli ciò che accade. Quando uscite dalla sezione per i primi distacchi non fatelo di nascosto quando il vostro bimbo è impegnato con un gioco. Se non vi vedrà più sarà più difficile il distacco successivo perché vorrà sempre “tenervi d’occhio”. Salutatelo, ditegli che uscirete ma che poi tornerete da lui e che intanto che voi non ci siete potrà stare in compagnia della sua educatrice e degli altri bambini.”
D: “Ci sono differenze in base all’età in cui si inserisce il bambino?”
R: “Nei primi 3 anni di vita i bambini vivono un concentrato di cambiamenti in tantissimi ambiti: nello sviluppo motorio e linguistico, nelle competenze emotive, nel modo di giocare, nell’ambito sociale, etc…Ciò significa che l’inserimento va pensato tenendo conto dell’età e dello sviluppo dei bambini che lo stanno vivendo. È importante sapere che ogni età ha le proprie caratteristiche e sfumature. I bimbi molto piccoli (penso ai nidi che accolgono bambini dai 3 mesi) sono ancora rivolti verso il proprio adulto di riferimento e quindi le educatrici del nido devono tenerne maggiormente conto rispetto ad un bambino di 2 anni che è più pronto a relazionarsi con adulti e altri bambini. A 9 mesi spesso il legame di attaccamento con il proprio caregiver inizia a solidificarsi e compare la “paura dell’estraneo”. Ciòsignifica che magari alcuni bambini avranno bisogno di più tempo per staccarsi con serenità dalla propria mamma e fidarsi dell’educatrice. Nei bimbi più grandi si può fare leva sul gruppo dei pari, poiché si ha a che fare con bambini che iniziano ad avere meno bisogno dell’adulto e a godersi la compagnia dei coetanei.”
D: “Quali sono a tuo avviso le cose essenziali che bisogna ricercare, per il benessere del bambino, nel nido che si sceglierà?”
R: “Scegliere il nido in cui iscrivere il proprio bambino non sempre è semplice. A volte ci si affida al passaparola oppure all’estetica del luogo, ai costi, alla vicinanza a casa o al lavoro, ecc…Visto che il nido sarà il luogo che il vostro bambino abiterà nell’arco della giornata, ci sono alcuni indicatori che possono aiutarvi nella scelta. Per quanto riguarda lo spazio credo sia importante che questo possa rispondere a due bisogni significativi dei bambini: da un lato il desiderio di muoversi, scoprire ed esplorare, dall’altro il bisogno di sentirsi contenuti e coccolati. Ecco che allora all’interno del nido è importante trovare spazi dedicati al movimento e angoli morbidi accompagnati da qualche peluche o libro da sfogliare. Nell’immaginario comune pensiamo agli spazi dedicati ai bambini come piccoli Luna Park con musiche, colori e luci forti. Questi elementi invece spesso sono eccessivi per dei bimbi così piccoli che invece prediligono luci soffuse e rumori delicati. Per i piccoli non dovrebbero mancare elementi in materiale naturale. Intorno ai 6 mesi i bambini iniziano a conoscere il mondo attraverso la bocca. Se forniamo loro materiale vario come la pelle, il legno, la stoffa, il metallo, ecc. permettiamo loro di attivare tutti e 5 i sensi scoprendo ciò che è caldo, freddo, liscio, morbido, ruvido, profumato, ecc.. I soli giochi in plastica non forniscono questa ampia gamma di possibilità. Per i bambini più grandi non dovrebbe mancare un angolo dedicato al gioco simbolico attraverso il quale i bambini hanno la possibilità di mettere in scena episodi della vita quotidiana come preparare un caffè, vestirsi o vestire una bambola, fare la spesa, ecc… Le visite all’interno della struttura, i colloqui con il personale, la lettura della carta dei servizi o del progetto educativo sono tutti strumenti che vi permettono di conoscere meglio l’ambiente, le educatrici, le attività proposte, la routine quotidiana e il pensiero che sta alla base delle scelte educative che si portano avanti. (Per approfondimenti consiglio Elinor Goldschmied, Persone da 0 a 3 anni, Ed. Junior, 1997)”
Valentina Candela – Psicologa dell’età evolutiva
D: “Questa ansia che la mamma prova nei riguardi dell’inserimento al nido può essere dovuta all’età del bambino?”
R: “In parte si ma non del tutto. Cosa significa questo? Che tanto più il bambino è piccolo e basso il suo grado di autonomia tanto più la madre sarà preoccupata nel lasciarlo in un ambiente che non è sotto il suo controllo e sotto la sua costante attenzione e supervisione. La madre di fatto affida per un tempo limitato della giornata il proprio bambino fidandosi della struttura ma restando sempre con un occhio critico. Questo non calerà negli anni ma sicuramente l’inserimento al nido aiuterà il bambino a creare un’indispensabile stato di indipendenza che lo aiuterà nell’imparare ad essere autonomo e a poter fare alcune esperienze, anche se semplici, senza la presenza costante della madre. L’ansia da separazione è qualcosa che va infatti elaborata separatamente dal bambino, con il supporto ad esempio delle maestre, e dalla madre in autonomia.”
D: “Ci potrebbero essere differenze a livello psicologico di un distacco dal proprio bambino quando ha 3 mesi, 6 mesi, 9 mesi o 12 mesi?”
R: “La difficoltà nel distacco dal proprio bambino, oltre che tema a livello personale, piò acutizzarsi nel vedere reazioni più o meno negative nel momento in cui si accompagna al nido. Se si considera lo sviluppo emotivo del bambino, il periodo tra i 9 e i 12 mesi è quello in cui solitamente compare la cosiddetta “paura dell’estraneo”. Mentre nelle fasi precedenti di vita il bambino sorride indistintamente a coloro che conosce ma anche a chi non conosce, dal 9° al 12° mese il bambino prova paura per una persona sconosciuta in quanto estranea. L’inserimento al nido in questo momento potrebbe risultare più difficoltoso per la madre perché vedrebbe nel figlio una serie di resistenze date appunto dalla paura dell’estraneo con conseguente aumento di preoccupazione e angoscia.”