Smettetela di dire che vi dispiace

Quando una donna partorisce, la prima cosa che solitamente si vuole sapere è se “è andato tutto bene”. È stato un travaglio veloce o è durato un’eternità? La mamma ha voluto fare l’epidurale? O le è almeno stata offerta? È stato molto doloroso? Le è capitata una brava ostetrica? Ha partorito per via vaginale o con parto cesareo?

Quando, qualche mese fa, ho avuto mia figlia Zoey il travaglio è andato male quasi dall’inizio. Ero di oltre 41 settimane, ero enorme, ero stanca e soprattutto ho avuto 2 giorni circa di prodromi. Ma che razza di parola è? PRODROMI. Sembra quasi una parolaccia. Comunque…si tratta di quel lasso di tempo che può andare da un paio di ore ad un paio di settimane (no, ma seriamente? Un paio di settimane??) in cui si hanno contrazioni dolorose ma irregolari sia nel tempo che nell’intensità del dolore.

Dopo due giorni, in cui sapevo che sarei potuta entrare nel vero travaglio in qualunque momento, sono partite le vere contrazioni. Erano piuttosto regolari e sono arrivata in ospedale che erano ogni 10 minuti. Sì, lo so che dicono di aspettare che distino 5 minuti l’una dall’altra, ma avevo paura che succedesse qualcosa e soprattutto volevo l’epidurale appena possibile. E non voglio pipponi sull’epidurale, grazie.

Arrivo in ospedale che ero di 1 cm ed erano le 21. “Bene” penso “ne mancano solo 9…”. L’ostetrica di turno voleva rimandarmi a casa ma ha capito che se lo avesse fatto sarei tornata lì dopo un’ora. Quindi ha fatto quello che andava fatto. Mi ha dato una stanza e mi ha spedita lì a travagliare con mio marito. Io ero preparatissima. Luci soffuse, musica della mia playlist Relax su Itunes, diffusore elettrico di essenze con olio essenziale di lavanda vera annesso, cuscinone da allattamento da abbracciare, cazzi e mazzi. Dopo vari tracciati e controlli, all’alba delle 5 di mattina ero di 4 cm e decidono di farmi l’epidurale. E comunque robe da matti che nel 2018 una debba combattere per avere l’anestesia epidurale. In quel momento ogni male del mondo è sparito e io volevo bene a tutti. A scapito di chi mi aveva sconsigliato l’epidurale, ero libera e felice. Camminavo, andavo in bagno, chiacchieravo amabilmente e mi sono anche mangiata una coppa del nonno; il tutto sentendo le contrazioni che come onde andavano e venivano ma senza provare la coltellata del pre-anestesia. Questo finché tutto non ha iniziato a precipitare.

Con l’epidurale mi avevano attaccato una flebo di ossitocina per “velocizzare” la cosa. Quando l’anestesia ha smesso di funzionare ho ricominciato a stare male e a sentire dolori lancinanti, peggiori di quelli della nottata, anche perché non erano miei dolori, del mio corpo. No, erano causati da un farmaco. Dopo aver pregato l’anestesista di tornare da me, mi è stato fatto un altro bolo (anche qui, bolo??? Come il bolo di pelo che vomita il gatto?) di epidurale e nel mio mondo sono tornati unicorni e arcobaleni. Mentre l’ostetrica e io ci occupavamo di gossip ospedaliero ho cominciato a risentire i dolori di prima. Questo intorno alle 11:30. Mi fanno un altro bolo ma questo non ha cambiato la situazione. I dolori erano a mio avviso ingestibili nonostante l’anestesia. Nessuno sapeva dirmi cosa stesse succedendo. L’unica cosa che mi ripetevano era “Non possiamo farti un’altra dose perché tanto non servirebbe a nulla.”, e poi ormai ero dilatata di 9 cm. A mezzogiorno avevo raggiunto i 10 cm ma i dolori erano peggiori di prima. Sentivo che la schiena mi si stava letteralmente spezzando. Mio marito continuava a chiedere perché sentissi dolore alla schiena e l’ostetrica gli spiegava che dipendeva dalla posizione della bambina, che era rivolta con il viso all’insù e quindi farla uscire sarebbe stato più complicato. Ad un certo punto decidono che per me era ora di iniziare a spingere. Cari miei, sono state le 2 ore più infernali di tutta la mia vita. All’alba delle 14:30, senza più un briciolo di forza e senza il benché minimo progresso nella discesa della bambina, che tra il resto adesso era in palese sofferenza fetale, ho recuperato un briciolo di lucidità e ho chiesto che venisse immediatamente chiamato il ginecologo di turno. Quando è arrivata la dottoressa l’ho guardata negli occhi e le ho detto “Sono passate 2 ore e mezza, io sono al limite della sopravvivenza e sento che c’è qualcosa che non va, adesso è ora di portarmi in sala operatoria e far nascere questa bambina”. E così è stato. Alle 15:34, dopo una successiva anestesia spinale e un taglio cesareo, la mia Zoey Penelope ha visto la luce. Ed è andata bene così. È stato proprio grazie al quel salvifico cesareo che la mia batuffola è nata.

Quindi potete ben immaginare la mia confusione quando mi sento dire “Oh, hai avuto un cesareo? Mi dispiace tanto per te.”. Ma che cazzo significa? Ho partorito un mostro? No, è una dolcissima e bellissima cucciola, andremo a casa fra qualche giorno e stiamo entrambe bene. La cosa è continuata per un po’ e non andava sempre così. A volte vedevo sguardi strani tra le persone con cui parlavo. Il tipo di sguardo che ci ti danno quando dici che tutta la famiglia si è presa la varicella e vedi nei loro sguardi che cercano di ricordarsi se loro l’hanno già avuta. Le parole peggiori che mi sono state rivolte “Mi dispiace che tu ti sia persa l’esperienza del parto”. Fatemi capire. Mi sono persa l’esperienza del parto? La bambina non è forse uscita dal mio corpo? Non c’era una piccola bambina che è cresciuta dentro di me per quasi 10 mesi e che in questo momento è sulle mie ginocchia attaccata al mio seno sinistro mentre sto scrivendo? Però tutti, o quasi, predichiamo bene e razzoliamo male parlando di cesareo. Diciamo che è ok farlo quando è necessario, però poi chiamiamo il parto naturale (o parto normale) riferendoci al parto vaginale. E poi tutte queste persone che ti dicono quanto dispiace loro il fatto che hai avuto un parto cesareo. Come dovremmo fare a sentirci bene rispetto a quello che siamo state in grado di fare quando le altre persone non fanno altro che confrontarci con le donne che hanno avuto un parto vaginale? Come se il modo in cui abbiamo partorito sia sbagliato o innaturale. Non sto dicendo che al mondo non esistano donne deluse dall’aver avuto un parto cesareo. Se ci sono delle persone che vengono da te e ti dicono che sono tristi per il loro parto cesareo è perfettamente accettabile che gli si risponda che ti dispiace per come loro si sentano a riguardo e che dovrebbero chiedere aiuto o supporto ad uno psicologo. Ma di certo non va bene che qualcuno venga da te a farti sentire di merda o comunque una donna che ha fatto qualcosa in meno rispetto a chi ha avuto un parto vaginale. Volete sapere cosa significa per me la cicatrice del mio cesareo? Che ho dei figli da crescere. Significa che se avessi partorito 100 anni fa non avrei avuto dei figli da crescere perché probabilmente sarebbero morti. Significa che oggi posso vedere mio figlio che tornato a casa dal nido mi ha chiesto se poteva bere del succo di frutta e che al mio “no” continuerà a chiedermelo fino a questo pomeriggio, quando gli permetterò effettivamente di berne uno. Significa che potrò assistere ai primi passi di mia figlia e che potrò prendermi cura della mia famiglia quando tutti prenderanno la varicella (ahahaha, io l’ho già avuta!!). Significa che adesso ho potuto scrivere questo pezzo e che magari ti sentirai meglio riguardo al tuo parto cesareo.

Io non mi dispiaccio del fatto di aver affrontato il parto cesareo. Mi dispiace di quelle ore di sofferenza in cui mi chiedevo se ci fosse qualcosa che non andava. Mi dispiace di ricordare il rumore del battito della mia bambina che decelerava. Ma del parto? Del risultato? No. Sono parte di me e sono grata che la medicina sia arrivata talmente avanti da far nascere la mia bambina in sicurezza nel giro di qualche minuto. Sono grata alla medicina perché ho dei figli che amo con tutta me stessa, anche se a volte mi mandano al manicomio. La comunicazione è importante e il modo in cui diciamo le cose alle persone che conosciamo, così come le cose che diciamo loro, possono influire su come qualcuno vede e percepisce sé stesso. Non parlando poi del fatto che una mamma è super-vulnerabile nel post parto. Quindi, la prossima volta che sentirete una mamma che parla del suo parto cesareo, fate un favore a lei e a voi stessi, congratulatevi con lei per la nascita del suo bambino e non aggiungete altro.

 

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